Costanza Savini
Incantesimo in stazione di Maurizio Corrado
Una favola misteriosa che potrebbe avere per antenati “La piccola fiammiferaia” con tutta la potente aspettativa del suo ultimo desiderio, o “La lampada di Aladino”, oppure, in pittura, “L’incantatrice di serpenti” di Henri Rousseau.
La ragazza invisibile, la “meraviglia” come le si rivolge l’uomo, ha il potere di ricongiungere un padre e un figlio in un finale ribaltamento di ruoli, questo almeno è quanto ci ho visto, giusto o sbagliato che sia. Il tema dominante dell’atto unico è l’amore nelle sue sfaccettature più varie (uomo - donna, genitore - figlio), a cui si unisce una evocazione del potere del femminile la cui forza è già nell’ “incarnarsi”, la cui poesia è già nel silenzio, il cui potere è nell’essere sempre, eternamente, “la madre” che attraversa i secoli (la ragazza infatti potrebbe essere madre del giovane, ma anche dell’uomo quando ha luogo la mimesi finale), e poi quel memento rivolto a tutti noi “non perdere la propria vita per non aver osato”, “j’ai perdu ma vie pour n’avoir pas osè”, questo grosso modo è quanto fa dire anche Chiara a uno dei suoi personaggi nel “Cappotto di Astracan”.
Costanza Savini, aprile 2009
2010 - present
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