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Il Teatro Canzone di Gian Marco Basta



Gian Marco Basta

Sabato 28 aprile, alle ore 21, è in scena il Teatro-canzone del cantattore Gian Marco Basta. Con Gian Marco Basta (chitarra) e M. Claudio Giovannini (piano e fisarmonica). Ospiti della serata: il cantautore Salvo Giordano, la poetessa Sabrina Monno e il cantautore Giuseppe Quaranta.

Si alza il sipario sul Teatrino di Basta! Lo spettatore è invitato a incamminarsi in un viaggio al termine della notte, seguendo passo passo il protagonista della storia, GM, ragazzo che ha perso l’ultimo autobus e, in questa notte, tornerà a casa a piedi ‐ e sarà un cammino denso di incontri. Una costellazione di volti e di nomi, uomini e donne con i quali interagirà, divenendo egli stesso, di volta in volta, queste persone e le loro storie. Gli “esclusi” (dalle norme sociali, dall’amore, talvolta esclusi anche da sè stessi) sono i protagonisti del Teatrino di Basta, poveri cristi che stanno ai margini, come nelle storie di Jannacci, di cui il “cantattore” Basta è stato allievo alle Scuole Civiche di Milano.

Se le radici affondano nella migliore tradizione del teatro‐canzone, tutto è però filtrato da una sensibilità attenta alle sfumature più peculiari della nostra contemporaneità: lo sguardo dell’artista (così come la sua azione di performer) indaga e sovverte simboli e rappresentazioni sociali, illuminando con poetica ironia angoli segreti del quotidiano e delle sue apparenti banalità.

Tra canzoni surreali, monologhi e poesie, il pubblico è coinvolto in una jam session narrativa, sospinto fra i vortici danteschi (e grotteschi) di una città notturna più viva che mai. In questo Fuori orario teatral‐musicale il cantattore si “trasforma”, impersonando una ventina di personaggi, dalla prostituta allegra Petruska al clochard che vuole diventare un latte macchiato, dall’innamorato della commessa che dilapida i risparmi al supermercato, al logorroico che viene abbandonato prima dalla moglie, poi dal cane... In ogni stazione del viaggio vibra una corda intima della voce di Gian Marco, e allo stesso tempo risuonano echi di piccoli e grandi fatti, realmente accaduti: lo spettacolo inizia con la didascalia: “Il riferimento a fatti e persone non è puramente casuale”.

Il modo di agire in scena di Basta è stato definito dal regista Tanino De rosa come una forma di "follia strutturata", inizialmente cattura l’attenzione perchè ha l'aria di essere un'impulsiva improvvisazione folle, per poi acquisire una sua forma organica e coerente.

Tutto prende semplicemente vita in scena in un flusso di gesti e "parole in libertà", per usare un concetto caro ai futuristi, invenzioni tenute insieme dal filo dell’analogia, del ribaltamento del senso e dall’assurdo. Il risultato è un immaginario ben definito costruito con uno stile assolutamente riconoscibile.

La scena è quella di una città da vivere, che la notte trasforma in un teatro magico di incontri e di possibilità di riscatto, un variopinto bouquet di strade affollate, bar, piazze, musica, cani usati come coperte, ragazze erasmus e molto altro.

L’andamento comico della performance non impedisce l’emergere dell’elemento drammatico che permea i testi, e che ha sempre qualcosa di metafisico. Lo spettacolo si avvale di una band per dare il giusto groove a uno spettacolo che ha la forma del Recital, la struttura del Teatro‐Canzone e i contro‐tempi di un monologo in jazz.

Gian Marco Basta scrive e canta storie etiliche e nottambule di poveracci, disgraziati, sfigati, pazzi e innamorati respinti. Canta ciò che, di una città, rimane più nascosto e sotterraneo: una piazza fredda e notturna, l'amore non dichiarato per una cassiera del supermercato, un bluesman che sostiene di vivere all'Inps, e tanto altro ancora. Gian Marco guarda alla tradizione dei grandi chansonnier: le sue canzoni sono scritte per essere‐ più che cantate ‐ interpretate, recitate e vissute. E lui interpreta, recita e vive. I suoi modelli sono Dario Fo ed Enzo Jannacci, e si sente: lo ascolti, e ritrovi quello stesso strano concentrato di disperazione, poesia e comicità che appartiene allo spirito del celebre duo della canzone tragicomica milanese. Difficile e desueto, oggi, scrivere canzoni delgenere, ma il Nostro ha la lucidità folle di chi non sta nel gregge e va dritto per la propria strada senza compromessi. Mi piace pensare che Gian Marco assomigli un po' ai protagonisti dei brani di questo Cd: altrimenti non saprei spiegarmi perché la sua voce e le parole delle sue canzoni suonino così vere.

Nando Mainardi, giornalista de Il fatto quotidiano

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