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Incantesimo in stazione

di Costanza Savini
Flavia Moretti in "Incantesimo in stazione" di M. Corrado, Teatro del Navile, 2009, (Foto G.Orlandi)

Costanza Savini

Incantesimo in stazione di Maurizio Corrado

 

Una favola misteriosa che potrebbe avere per antenati “La piccola fiammiferaia” con tutta la potente aspettativa del suo ultimo desiderio, o “La lampada di Aladino”, oppure, in pittura, “L’incantatrice di serpenti” di Henri Rousseau.

 

La ragazza invisibile, la “meraviglia” come le si rivolge l’uomo, ha il potere di ricongiungere un padre e un figlio in un finale ribaltamento di ruoli, questo almeno è quanto ci ho visto, giusto o sbagliato che sia. Il tema dominante dell’atto unico è l’amore nelle sue sfaccettature più varie (uomo - donna, genitore - figlio), a cui si unisce una evocazione del potere del femminile la cui forza è già nell’ “incarnarsi”, la cui poesia è già nel silenzio, il cui potere è nell’essere sempre, eternamente, “la madre” che attraversa i secoli (la ragazza infatti potrebbe essere madre del giovane, ma anche dell’uomo quando ha luogo la mimesi finale), e poi quel memento rivolto a tutti noi “non perdere la propria vita per non aver osato”,  “j’ai perdu ma vie pour n’avoir pas osè”, questo grosso modo è quanto fa dire anche Chiara a uno dei suoi personaggi nel “Cappotto di Astracan”.

 

Costanza Savini, aprile 2009

2010 - present

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