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Tre signore omicidi sul carro dei comici

di Nico Garrone.

 


Nico Garrone - Repubblica — 17 agosto 1990 pagina 32 sezione: SPETTACOLI.

ARADEO (Lecce) Se il Mago Crotone e la Contessa con la sua carretta di comici vaganti avessero pensato ad usare Villa Scalogna per un festival estivo forse avrebbero risolto tutti i loro problemi di emarginazione e di convivenza con il potere stritolante dei Giganti della Montagna. Lontano da qualsiasi crocevia, isolato nel Salento in fondo al tacco dello stivale in una sorta di finisterrae, di terra di confine come l' aveva battezzata Nicola Savarese, il Castello Tremasserie, sede di vita e di lavoro del gruppo teatrale Koreja, grazie alla sua rassegna Aradeo e i teatri giunta alla sua ottava edizione è diventato sempre più una meta di viaggio e di pellegrinaggio. Nel cortile interno, sui terrazzi merlati, nelle stanze e nei saloni cosparsi di materassi d' emergenza di questo villone bianco e un po' fatiscente che sembra un incrocio tra una masseria fortificata pugliese e un castellotto liberty di San Benelli circondato da ulivi e piantagioni di tabacco, si dorme, si mangia si vedono spettacoli, si fanno feste che durano fino alle prime luci dell' alba. E c' è perfino chi, come Sergio Bini in arte Bustric venuto qui per concludere il festival con il suo recital La meravigliosa arte dell' inganno, ripasso personalissimo di trucchi e magie, ha trovato il tempo e la concentrazione di scrivere, consultando pile di libri di cucina, buona parte della sua prossima commedia Ristorante Paradiso che debutterà in ottobre al Testoni di Bologna. Giudiziosamente scalettato tenendo conto delle ore del tipo di spettatori il programma mescolava matinée di presentazione con discussioni anche roventi sui Lavori in corso di nuovi gruppi coordinate da Bruna Filippi alla Sala Polis di Aredeo, con serate nell' anfiteatro della Villa Comunale per un pubblico più vasto di quello degli addetti. Ma non sprovveduto, o disattento.

Bastava ascoltare gli applausi che hanno punteggiato tutto lo spettacolo, Paesaggio con donne in risaia, un montaggio di canzoni e racconti della guerra partigiana interpretato dalle stesse protagoniste. Se per le persone anziane agosto pare sia il più crudele dei mesi, quello dove si fa più forte il peso della solitudine, per queste tre anziane ex-mondine arrivate in tournée ad Aradeo di certo è il più felice dei mesi. Si chiamano Pina Pirani, Gelsomina e Maria Bonora che firma anche la stesura del testo. Il regista, Nino Campisi, le ha trovate in un centro sociale per anziani di Bologna e ha sperimentato un tentativo di teatro della memoria. E dai loro ricordi diretti, superando le difficoltà di organizzarli in un copione da recitare in pubblico (noi che dimenticavamo ormai anche se avevamo messo il sale nella pentola...) è venuto fuori questo spettacolo strano e commovente. Strano perché tra quelle tre nonnine con la blusa a fiori e la permanente sedute intorno ad un tavolo, tre soavi signore omicidi che potrebbero stare in un salottino di Agatha Christie, e le diapositive su uno schermo della loro giovinezza, i gruppi di mondine da Riso amaro neorealista, o la foto di Gelsomina ribattezzata Gilera sulla sua bici di staffetta partigiana davanti ad un casale, si crea immediatamente un vertiginoso contrasto non solo temporale. Commovente perché riescono a conservare e a trasmettere intatto, senza retorica, anzi con un pizzico d' ironia nel ricordo di certe beffe un po' boccaccesche, il sentimento vitale e combattivo di un' epoca storica che ci sembra ogni giorno più lontano. Come una favola, appunto, raccontata dalla nonna.

Alla nostra epoca di scarse certezze ideologiche appartiene invece la macchina di Amleto, Hamletmachine, riscritta da Heiner Muller come un corollario ai dubbi dell' Amleto scespiriano di fronte a dubbi e smarrimenti contemporanei sullo sfondo del muro di Berlino. Nella versione molto energetica del gruppo spagnolo Atalaya una corsa affannosa, come in un tunnel senza uscite, del pallido principe apre lo spettacolo e una serie di moltiplicazioni del personaggio che ricorda di essere stato Amleto. Insieme ai suoi replicanti, una schiera di Ofelie si palleggia le rispettive battute interscambiabili, in un vortice di reciproche violenze e tentativi acrobatici di suicidio, con scale di ferro che attraversano pericolosamente la scena, e altri arredi tra l' ospedale, la palestra e la stanza delle torture. Al dubbio, alla confusione autodistruttiva non c' è mai termine, si ricomincia sempre da capo come in un cliclo che si ripete diventando sempre più confuso e angoscioso. Ad un luogo chiuso e ad un azzeramento delle speranze con beneficio però di follia poetica e lunatica rimandava anche I refrattari che Salvatore Tramacere con un affiatatissimo gruppo di attori di Koreja ha tratto da Buchner, e soprattutto dal Woyzeck. Sulla pista centrale tra le file degli spettatori di un lager-circo chiuso da una parete di tavole di legno destinate a cadere soltanto alla fine del rito teatrale si ripete la via crucis del soldatino interpretato a turno dal terrone Stefano Bove in dialetto pugliese e dalla felliniana Maria Teresa Del Pero, fragile e indistruttibile come la Gelsomina della Strada. Quasi in stato di trance tarantolata, di sonnambulismo, si muoveva Maria interpretata dall' intensa Teresa Ludovico, mentre Emilio Martinez e Tammaso Correale si dividevano efficacemente i ruoli più grottechi e persecutori della vicenda benedetta all' inizio e nel finale dalla voce di Papa Giovanni che parla ai fedeli, guarda caso, della Luna. - di NICO GARRONE

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